Rapporti con gli ascendenti


COSA È

I nonni che ritengano di essere limitati nel rapporto e nelle frequentazioni del minore da comportamenti disturbanti e/o ostativi dei genitori possono proporre ricorso finalizzato al mantenimento di rapporti significativi.

CHI LO PUÒ RICHIEDERE
Gli ascendenti, il Pubblico Ministero minorile.

DOVE SI RICHIEDE
Cancelleria Civile

QUANTO COSTA
Esente dal contributo unificato, si paga una marca da bollo da € 27 per diritti di cancelleria.

FONTI LEGISLATIVE
Articolo 317 bis codice civile - Rapporti con gli ascendenti
Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore. Si applica l’Art. 336, secondo comma.


Il ruolo dei nonni nella vita dei nipoti, oltre che appartenere alla storia individuale di ognuno, è oggetto di ampia letteratura, di studi psicologici e sociologici ed anche di recente notevole attenzione del mondo giuridico, come testimoniano le due decisioni in commento.

L’esame delle medesime richiede una breve ricostruzione di alcuni recenti passaggi normativi e dei connessi orientamenti dottrinari e giurisprudenziali.

Due sono i temi che tradizionalmente vengono in rilievo a proposito del ruolo degli ascendenti:
  • l’attribuzione diretta di rilevanza giuridica alla relazione affettiva tra nonni e nipoti (connessa alla difficoltà di individuare un soggetto passivo dell’eventuale diritto riconosciuto ai primi)
  • l’individuazione degli strumenti e delle sedi processuali entro cui far valere tale situazione giuridica (ivi compresa la questione dell’ammissibilità dell’intervento in sede di giudizi di separazione e divorzio).

Il quadro normativo aveva dato luogo a notevoli incertezze ed era già in qualche modo mutato con la legge 54/2006, sull’affidamento condiviso, che, nella novella dell’art. 155 c.c., aveva inserito al comma 1, il diritto dei minori a "conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale"; tale norma era peraltro applicabile, in forza dell’art. 4 della legge medesima, a tutti i giudizi relativi alla crisi familiare, e quindi anche al divorzio, alla crisi della famiglia di fatto e all'annullamento del matrimonio.

Nella vigenza della nuova normativa, la dottrina prevalente aveva continuato a ritenere che essa non fosse idonea a riconoscere un vero e proprio diritto in capo agli ascendenti perché continuava a regolare la questione esclusivamente dal punto di vista della posizione del minore, riconoscendo cioè solo a questi un diritto al rapporto con i nonni e non viceversa.

Qualche maggiore apertura, anche se timida, si era avuta nella giurisprudenza di merito (alcune pronunce avevano riconosciuto un interesse degli ascendenti idoneo a legittimarne la partecipazione al giudizio in sostegno dei genitori: Trib. Firenze, 12 aprile 2006; Trib. Pisa, 11 luglio 2007), ma la giurisprudenza di legittimità aveva, invece, tenuto fermo il proprio precedente orientamento, negando agli ascendenti, e ai parenti tutti, ogni legittimazione ad intervenire nei giudizi relativi alla crisi familiare (Cass. 22081/2009, Cass. 28902/2011).
Il quadro è stato però significativamente innovato dalla riforma della filiazione (l. 219/2012 e d.lgs. 154/2013).

Ed infatti l’art. 315 bis c.c., introdotto dall'art. 1 comma 8 della l. 219/2012, prevede tra l’altro che "Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti":
  • in forza della sua nuova sistemazione, tale disposizione oggi assume valore di regola generale nella vita familiare;
  • in primo luogo essa infatti è destinata a regolarne non solo la sua fase patologica, cioè la rottura dell’unione tra i genitori (in precedenza ciò era la conseguenza della sua originaria sistemazione all’interno del testo dell’art. 155 c.c., norma che regolava la crisi della coppia), ma anche la fisiologia del rapporto;
  • in secondo luogo essa vale in qualunque rapporto genitoriale, essendo oggi tale disposizione la regola generale valida per ogni figlio a prescindere dalla esistenza del vincolo matrimoniale dei genitori.

Ancora, l’art. 317 bis c.c. come sostituito dall'art. 42 d.lgs. 154/2013, in esecuzione della delega prevista dall'art. 2 della l. 219/2012, è stato espressamente dedicato ai "Rapporti con gli ascendenti"; esso dispone che "Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell'esclusivo interesse del minore. Si applica l’articolo 336, secondo comma".
Infine l’art. 38 disp. att. (come riformulato dall’art. 3 comma 1 l. 219/2012 e integrato successivamente dall'art. 96 comma 1 d.lgs. 154/2013) prevede che siano di competenza del Tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dall'art. 317 bis.

Molti dei primi commentatori del nuovo assetto normativo hanno ritenuto che il legislatore delegato abbia espressamente riconosciuto un vero e proprio diritto in capo ai nonni, diritto che rappresenta il simmetrico contraltare di quello già riconosciuto ai nipoti di poter continuare a frequentare i primi; si tratta di un diritto soggettivo perfetto avente ad oggetto il mantenimento di "rapporti significativi con i nipoti minorenni".

La sistemazione della norma nell'ambito delle disposizioni in tema di filiazione in generale determina peraltro che tale diritto sorga al tempo della nascita del nipote e che la sua esistenza e tutela prescindano del tutto dalla presenza di una crisi tra i suoi genitori; pertanto si tratta del diritto a partecipare alla vita del nipote in modo stabile sin dalla sua nascita.

Il fatto che tale diritto si possa far valere al di fuori della crisi del rapporto genitoriale ha determinato il legislatore a prevedere una sede processuale ad esso specificamente dedicata e senza che vi sia il presupposto di un contesto di crisi tra i genitori, anche se ovviamente l’attivazione del procedimento sembra richiedere pur sempre una mancata collaborazione di uno o entrambi di essi, che non consentano cioè una regolare frequentazione del minore con i nonni.
Altra dottrina aveva, prima ancora dell’esercizio del potere delegato, espresso dubbi che dall'uso del termine "diritto" potesse ricavarsi effettivamente l’esistenza di una autonoma situazione giuridica soggettiva in capo ai nonni, protetta dall'ordinamento, in quanto l’unico diritto esistente è quello dei nipoti, cui fa da contraltare solo un "dovere" dei nonni.

La scelta di attribuire la competenza al Tribunale minorile è nata, oltre che probabilmente per una sorta di riequilibrio dopo l’attribuzione al Tribunale ordinario delle nuove competenze, dalla considerazione che la questione afferisce alla responsabilità genitoriale, venendo in rilievo un comportamento potenzialmente pregiudizievole per il minore ma senza tener conto che la medesima questione potrebbero ben essere ricondotta a mere controversie sull'affidamento, da sempre rientranti nella competenza del Tribunale ordinario.