PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
DI FIRENZE
La Procura della Repubblica per i Minorenni, dopo un’eventuale piů approfondita
indagine attraverso i Servizi operanti sul territorio, formula al Tribunale
per i Minorenni, le idonee richieste volte ad attivare gli opportuni interventi
attraverso l’apertura di procedimenti limitativi della potestà genitoriale,
ovvero, di valutazione dello stato di abbandono del minore con eventuale inserimento
in una valida famiglia sostitutiva a quella di origine.
La Procura della Repubblica per i Minorenni è non solo organo
di promozione dell’azione giudiziaria, ma anche organo di controllo, nell’interesse
del minore, dell’operato del giudice, attraverso la partecipazione all’udienze,
l’espressione dei visti sui provvedimenti, la formulazione dei pareri nei
procedimenti iniziati su istanza dei privati, la redazione degli eventuali
reclami contro i decreti.
A ciò va aggiunto l’impegno derivante dalla legge 64/94 che ha dato
ratifica ed esecuzione alle "Convenzioni internazionali in materia
di sottrazione internazionali di minori e di rimpatrio" assegnando
alla Procura della Repubblica per i Minorenni il ruolo di longa manus
dell’Autorità Centrale, che si concreta nella redazione del ricorso,
nella partecipazione al procedimento e nell’esecuzione del provvedimento conclusivo.
Le attività inerenti la materia penale, sia nella fase delle indagini
preliminari sulle notizie di reati di qualsiasi natura attribuita a minori
di anni 18, sino a quella dell’esecuzione dei provvedimenti e della sorveglianza
sulla detenzione.
Al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni,
spetta di promuovere ed esercitare l’azione penale per tutti i reati commessi
dai minori degli anni diciotto nel territorio della Corte di Appello o della
sezione di Corte di Appello in cui è istituito il Tribunale per i Minorenni,
e perciò a lui sono trasmessi tutti i rapporti i referti, le denunzie,
le querele, le istanze e le richieste concernenti reati commessi dai minori.
Il procedimento penale minorile, che è informato alle c.d. “Regole
minime di Pechino”, approvate dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1985,
è regolato da normativa peculiare finalizzata a contenere i rischi
ed i pregiudizi che derivano dal minore con il contatto con l’apparato della
giustizia, agevolando le possibilità di rapida fuoriuscita dal circuito
penale e riducendo le ipotesi di trattamento carcerario, in un ottica di recupero
del minore deviante. Tutte le disposizioni devono essere applicate in modo
adeguato alla personalità ed alle esigenze educative del minorenne.
Il giudice illustra all’imputato il significato delle attività che
si svolgono in sua presenza nonché il contenuto e le ragioni, anche
etico-sociali, della sua decisione (art. 1 c.p.p. min.).
Al fine di accertarne la imputabilità ed il grado di responsabilità,
ed allo scopo di valutare la rilevanza sociale del fatto per disporre le adeguate
misure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili, acquisisce, poi,
unitamente al Pubblico Ministero, notizie sulle condizioni e sulle risorse
personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne, assumendo, anche
senza formalità informazioni da persone che abbiano avuto rapporti
con il minorenne e ascolta il parere di esperti (art. 9 c.p.p. min.).
In ogni stato e grado del procedimento penale, l’Autorità Giudiziaria
si avvale dei servizi minorili dell’Amministrazione della Giustizia e di quelli
istituiti dagli Enti locali. L’assistenza al minore va assicurata anche da
parte dei genitori o di altra persona idonea da lui indicata e ammessa dall’Autorità
Giudiziaria.
L’art. 10 dichiara inammissibile l’esercizio dell’azione civile per la restituzione
ed il risarcimento del danno cagionato da reato e ciò proprio per impedire
che un procedimento tutto orientato verso una funzione educativa venga snaturato
da problemi ed interessi meramente economici.